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Il gioco d'azzardo sulla salute

In Italia i giocatori “problematici” ossia quelle persone a rischio di diventare dipendenti dal gioco d’azzardo sono oltre 790mila, pari al 1,65% della popolazione adulta; cinque anni fa la percentuale era del 1,25. E’ quello che emerge da una ricerca commissionata nello scorso autunno da Sistema Gioco Italia, la federazione di filiera dell’industria del gioco e dell’intrattenimento aderente a Confindustria, al Centro di ricerca della Sapienza di Roma. Dati sottostimati se si prende in considerazione lo studio riportato dal Ministero della Salute che nel suo Manuale per i Dipartimenti sulle dipendenze avverte che la dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente misurabile in quanto, ad oggi, non esistono studi accreditati e validamente rappresentativi del fenomeno: la stima dei giocatori d’azzardo problematici varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale mentre la stima dei giocatori  d’azzardo patologici varia dallo 0,5% al 2,2%. Sono cifre tra loro contraddittorie che però rivelano un fenomeno in costante aumento, da tenere sotto controllo e che evidenziano come il vero nodo della questione è l’impatto che il gambling ha sui territori; come spiega Simone Feder, psicologo in prima linea nel movimento No Slot: “Ci si deve concentrare su famiglie direttamente colpite che da un giorno all’altro si trovano la propria vita stravolta, su mogli che non riconoscono più i loro mariti, su figli che perdono un genitore che non ha più tempo per loro”. Su questi temi pone l’attenzione la proposta di legge popolare sulla cui raccolta di firme sono impegnate, attraverso la Scuola per le buone pratiche, la Lega delle Autonomie Locali e  Terre di Mezzo.  In 21 articoli si prevede il riordino delle norme sul gioco d’azzardo al fine di prevenirne le conseguenze nocive: maggiori poteri ai Comuni riconoscendo nei sindaci le autorità che accordano l’apertura di sale da gioco e l’installazione degli apparecchi ed individuando entro due anni dall’approvazione della legge i locali esclusivamente adibiti al gioco d’azzardo ed in prospettiva eliminando la sua fruizione nei comuni locali pubblici (bar, tabaccherie, ecc.). Altro tema è quello più strettamente economico: la proposta di legge prevede l’armonizzazione fiscale tra il gioco d’azzardo e le altre imprese; infatti, dal 2005 al 2011 la quota delle entrate erariali ha subito un forte decremento passando dal 21,8% al 10,9%, anche se in termini assoluti si è passati dai 6,2 miliardi di euro agli 8,7 in forza dell’aumento dei soldi spesi dagli italiani nel gioco con la conseguenza che la quota dei concessionari è passata in valori assoluti da 4,3 miliardi di euro a 9,7 miliardi. 

In Parlamento sono decine le proposte di legge che a vario titolo trattano l’argomento; per averne un’idea si veda il sito dell’associazione Openpolis. A livello locale sei amministrazioni hanno emesso proprie leggi in materia: la Provincia autonoma di Bolzano, già nel 2010 ha posto diversi “paletti” alla diffusione delle “macchinette”, nel 2012 la Liguria ha stabilito il divieto di aprire locali per il gioco d’azzardo a meno di trecento metri da strutture “sensibili” (scuole, oratori, ospedali, ecc.), nel luglio scorso l’Emilia Romagna ha dato la possibilità ai Comuni di decidere circa la localizzazione delle sale da gioco. Nello stesso periodo anche il Lazio ha promosso le proprie norme, mentre a ottobre lo ha fatto la Lombardia introducendo sgravi fiscali per gli esercenti qualora decidano di togliere le slot dai propri locali e inasprendo il carico fiscale per gli altri, lo scorso 9 dicembre è stata la volta della Puglia che tra l’altro stabilisce che il rinnovo delle autorizzazioni alle strutture già operanti verrà concesso, solo a chi si adeguerà a precise prescrizioni. Sono invece cinque le proposte di legge regionali presentante da altrettanti consiglieri del Piemonte ed il Consiglio regionale, ha approvato una Legge Delega al Parlamento per vietare l’installazione delle slot-machine nei locali pubblici.


Alessandro Prandi Pubblicato su ateniesi.it il 19/12/2013

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