top of page

Oltre la partecipazione: struttura o fluidità?

In un’epoca segnata da crisi globali, disuguaglianze crescenti e una diffusa sfiducia nei confronti delle istituzioni, il concetto di cittadinanza attiva assume un ruolo centrale nella ridefinizione del rapporto tra cittadini e società. Lungi dall’essere una semplice espressione di volontariato o di impegno politico, la cittadinanza attiva è oggi un indicatore vitale della salute democratica di una comunità. Ma come si esprime questa partecipazione nel presente? E soprattutto, come si sta trasformando alla luce delle nuove generazioni, dei mutamenti tecnologici e delle dinamiche sociali emergenti?

Quello che sta emergendo è il “dualismo” sempre più evidente tra due forme di partecipazione: quella organizzata, strutturata in enti, associazioni e organismi riconosciuti; e quella “fluida”, disintermediata, digitale, talvolta effimera, ma spesso capace di forte impatto. Due mondi che, talvolta, faticano a parlarsi ma che insieme possono contribuire a costruire un nuovo ecosistema civico.

 

Che cos’è la cittadinanza attiva?

Cittadinanza attiva è una di quelle espressioni che, pur essendo entrate nel lessico comune, rischiano spesso di risultare vaghe. Secondo una definizione condivisa, il termine si riferisce alla partecipazione consapevole dei cittadini alla vita pubblica, attraverso l’esercizio di diritti e doveri civici, con l’obiettivo di contribuire al benessere collettivo. Può esprimersi attraverso molteplici forme: il voto, il volontariato, l’attivismo, l’impegno nelle organizzazioni della società civile, la promozione di iniziative dal basso, la cura dei beni comuni, la cittadinanza digitale.

La cittadinanza attiva implica dunque un superamento della visione “passiva” del cittadino, spettatore e consumatore di politiche pubbliche, verso una logica collaborativa, generativa e corresponsabile. È in questa prospettiva che assume valore anche come strumento di inclusione sociale, di empowerment, di coesione.

Due modelli a confronto: organizzazione vs. fluidità

Nel panorama contemporaneo della partecipazione civica, possiamo distinguere due modelli prevalenti:

·         La cittadinanza attiva organizzata si esprime attraverso strutture formalizzate: ONG, cooperative sociali, movimenti riconosciuti, reti associative, partiti, sindacati. In Italia sono particolarmente diffuse due forme organizzative: le Associazioni di Promozione Sociale e le Organizzazioni di Volontariato. Queste realtà garantiscono stabilità, continuità nel tempo, possibilità di interazione con le istituzioni, accesso a finanziamenti pubblici. Tuttavia, sono spesso percepite come rigide, lente, talvolta autoreferenziali.

·         La cittadinanza attiva fluida, al contrario, si manifesta attraverso pratiche informali, reti sociali, campagne digitali, flash mob, hackathon civici, movimenti spontanei. È una forma di partecipazione spesso episodica, legata a singole cause o emergenze, ma capace di coinvolgere ampie fasce della popolazione in tempi rapidi, specialmente i giovani.

Questo dualismo è particolarmente evidente nella contrapposizione tra organizzazioni ambientaliste tradizionali e radicate sui territori e movimenti come Fridays for Future o Extinction Rebellion, nati dal basso, senza struttura gerarchica, ma con una forte capacità di mobilitazione.

 

I numeri della partecipazione

Per comprendere le dinamiche attuali, è utile analizzare alcuni dati chiave.

  • Secondo Eurostat, nel 2020 i giovani (15-29 anni) rappresentavano circa il 16% della popolazione dell’UE, pari a 73,6 milioni di persone. Tuttavia, il loro livello di partecipazione civica è spesso discontinuo e legato al contesto socioculturale.

  • Il tasso medio di NEET (Not in Education, Employment or Training) nell’UE nel 2023 era dell’11,2%, con picchi in Italia (16%) e Romania (19%). L’inattività giovanile rappresenta una barriera strutturale alla partecipazione attiva.

  • Al contrario, cresce l’accesso all’istruzione terziaria: oltre il 40% delle persone tra i 25 e i 34 anni ha completato un ciclo universitario, un fattore che correla positivamente con l’impegno civico.

  • Il volontariato giovanile, sebbene in flessione rispetto al passato, coinvolge ancora circa un quarto dei giovani europei. Le aree più coperte sono l’educazione (30%), l’ambiente (25%), lo sport (20%) e la sanità (10%).

 

Politiche e strumenti a supporto

A livello europeo, diversi programmi sono stati messi in campo per incentivare la cittadinanza attiva:

  • Erasmus+ non è solo un programma di mobilità accademica, ma anche uno strumento di promozione della partecipazione civica giovanile, grazie alle azioni dedicate all’apprendimento non formale.

  • Il Corpo Europeo di Solidarietà (European Solidarity Corps) consente a giovani tra i 18 e i 30 anni di partecipare a progetti di volontariato, tirocinio o lavoro retribuito in ambito sociale.

  • DiscoverEU permette ogni anno a migliaia di ragazzi di esplorare l’Europa tramite un pass ferroviario, incentivando la conoscenza interculturale e la consapevolezza civica.

A livello nazionale, il Servizio Civile Universale resta uno dei principali canali di cittadinanza attiva per i giovani italiani, con oltre 50.000 partecipanti ogni anno. Anche le regioni e le fondazioni private giocano un ruolo fondamentale: ad esempio le iniziativa “SpakZ” della Compagnia di San Paolo e “Generazione delle idee” della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo in Piemonte, rivolte a forme di partecipazione giovanile su temi come sostenibilità, innovazione e attivismo civico.

 

Fattori che ostacolano la partecipazione

L’impegno civico non si sviluppa nel vuoto. Alcuni fattori influenzano fortemente il grado di partecipazione:

  • Il contesto socioeconomico: la disuguaglianza, la precarietà lavorativa e l’instabilità abitativa limitano la capacità delle persone di dedicare tempo ed energie all’impegno civico. Studi condotti nelle città metropolitane italiane evidenziano una correlazione negativa tra eterogeneità socioeconomica e partecipazione.

  • L’analfabetismo civico e digitale: molti cittadini, soprattutto tra i più giovani, non hanno strumenti adeguati per comprendere il funzionamento delle istituzioni o per distinguere informazioni affidabili da fake news.

  • Il deficit di rappresentanza: partiti e corpi intermedi faticano a intercettare le istanze delle nuove generazioni e delle minoranze, generando disillusione e apatia.

  • Il ruolo ambivalente dei social media: se da un lato essi facilitano la mobilitazione e l’accesso all’informazione, dall’altro favoriscono forme di attivismo superficiale (“slacktivism”), polarizzazione e disinformazione.

 

Cittadinanza ibrida: una via possibile?

Il futuro della partecipazione civica potrebbe risiedere nella capacità di superare il dualismo tra struttura e fluidità, dando vita a modelli ibridi. Già oggi si intravedono alcune sperimentazioni interessanti:

  • Associazioni tradizionali che adottano linguaggi e modalità operative più agili, sfruttando piattaforme digitali e reti informali.

  • Movimenti dal basso che si dotano di strumenti legali e organizzativi per durare nel tempo, pur mantenendo orizzontalità e apertura.

  • Processi di co-progettazione tra istituzioni pubbliche e gruppi informali, come avviene in alcuni percorsi di bilancio partecipativo o nei laboratori civici urbani.

Questi modelli ibridi permettono di valorizzare i punti di forza di entrambe le forme di cittadinanza, costruendo un ecosistema più dinamico, inclusivo e resiliente.

 

Prospettive: una nuova educazione alla cittadinanza

Se vogliamo costruire un futuro in cui la cittadinanza attiva sia realmente accessibile, diffusa e trasformativa, è necessario investire in un’educazione civica rinnovata. Non solo come disciplina scolastica, ma come cultura trasversale, capace di formare cittadini competenti, critici e solidali.

Questo significa:

  • Introdurre nei curricula scolastici elementi di cittadinanza digitale, diritto, media literacy e progettazione sociale.

  • Favorire l’apprendimento esperienziale attraverso il service learning, i percorsi PCTO (ex alternanza scuola-lavoro) in ambito sociale, le scuole di politica.

  • Rafforzare le infrastrutture civiche: spazi di aggregazione, laboratori, piattaforme digitali partecipative.

  • Sostenere le organizzazioni di terzo settore nel loro ruolo educativo, offrendo risorse, riconoscimento e formazione.

 

Conclusione

La cittadinanza attiva non è una condizione statica, né un’attitudine individuale da promuovere con slogan. È un processo dinamico, che richiede condizioni abilitanti, spazi di azione, riconoscimento istituzionale, educazione continua. In un’epoca in cui le tradizionali forme di rappresentanza sono in crisi, ma le energie civiche non mancano, il vero nodo è costruire connessioni: tra generazioni, tra forme di partecipazione, tra cittadini e istituzioni.

Il futuro della democrazia non si gioca solo nelle urne, ma nei mille luoghi in cui le persone si incontrano, riflettono, agiscono per il bene comune. Che siano associazioni di quartiere, piattaforme digitali o movimenti globali, la sfida è quella di unire la forza della struttura con l’agilità della fluidità. Solo così potremo dare forma a una cittadinanza attiva all’altezza delle sfide del nostro tempo.

  Alessandro Prandi Pubblicato su "Solidea" - Maggio 2025

Per saperne di più1. Fondamenti teorici e concettuali sulla cittadinanza attiva

  • Avritzer, L. (2002). Democracy and the Public Space in Latin America. Princeton University Press.

  • Barber, B. R. (1984). Strong Democracy: Participatory Politics for a New Age. University of California Press.

  • Allegretti, G. (2011). Bilanci Partecipativi. Nuove maniere di decidere. Edizioni EMI.

  • Bobbio, L. (2002). Le arene deliberative. In Rivista Italiana di Scienza Politica, 1/2002, pp. 75-98.

  • Sintomer, Y., Herzberg, C., Röcke, A. (2012). Participatory Budgeting Worldwide – Updated Version. Friedrich Ebert Stiftung.

2. Dati e analisi statistica sulla partecipazione civica

3. Cittadinanza giovanile, NEET e partecipazione informale

4. Cittadinanza digitale e partecipazione “fluida”

  • Bennett, W. L., & Segerberg, A. (2013). The Logic of Connective Action: Digital Media and the Personalization of Contentious Politics. Cambridge University Press.

  • Gerbaudo, P. (2012). Tweets and the Streets: Social Media and Contemporary Activism. Pluto Press.

  • Treré, E. (2019). Hybrid Media Activism: Ecologies, Imaginaries, Algorithms. Routledge.

  • Righetti, N., & Miconi, A. (2021). Politica e social media. Le nuove forme della partecipazione politica online. FrancoAngeli.

  • Pew Research Center (2021). The Role of Social Media in Civic Engagement.

    https://www.pewresearch.org/internet/2021/

5. Politiche pubbliche e infrastrutture per la cittadinanza attiva

6. Casi studio, progetti e buone pratiche

 
 
 

Commentaires


bottom of page