Come la crisi climatica incide sulla nostra salute. Intervista a Roberto Cavallo
di Alessandro Prandi
È un dato di fatto: la crisi climatica in atto influenza la nostra salute o lo farà sempre di più in futuro. È il sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) dell’Istituto Superiore di Sanità a darne conferma. Il report, che costituisce la sintesi più aggiornata circa l’impatto del cambiamento climatico sull’intero pianeta e, a cascata, sulla salute degli esseri umani, tratta un argomento estremamente complesso e articolato e di fondamentale importanza per la nostra stessa sopravvivenza, per il benessere delle specie animali e vegetali e per gli ecosistemi di ogni luogo della Terra.Secondo le stime delle Nazioni Unite entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale - in forza alle maggiori opportunità occupazionali e un più facile accesso a beni e servizi - sarà residente in ambienti urbani. Tuttavia, la popolazione residente nelle città soffrirà a causa di problematiche legate ad alloggi e trasporti inadeguati, alla gestione dei rifiuti, alle isole di calore, a una qualità dell'aria non conforme alle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ulteriori conseguenze sulla salute deriveranno poi dal passaggio dagli alimenti freschi a quelli trasformati, alla mancanza di spazi verdi, alla limitata possibilità di spostamenti a piedi, in bicicletta, allo scarso esercizio fisico; tutti fattori che si combinano tra loro, rendendo le città motori del cambiamento climatico. Così tra il 2030 e il 2050, l’OMS prevede che i cambiamenti climatici causeranno circa 250.000 morti in più all'anno, a causa di malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo.
Sul tema abbiamo raccolto il parere di Roberto Cavallo, già collaboratore del Ministero dell’Ambiente sia per l’attuazione del Piano Nazionale per la Prevenzione dei Rifiuti che per il recepimento del pacchetto di direttive europee per l’economia circolare. Cavallo è autore di saggi e studi, tra questi “Meno 100 chili ricette per la dieta della nostra pattumiera” per Edizioni Ambiente - che è diventato anche un film e “La Bibbia dell’Ecologia” per Elledici. Nel 2017 è stato protagonista del film “Immondezza – la bellezza salverà il mondo” di Mimmo Calopresti ed è stato consulente, autore e conduttore di alcune trasmissioni RAI.
Dal tuo punto di vista Come si relazionano politiche sulla salute e politiche sul clima?
Ci sono sempre più evidenze scientifiche di come la crisi climatica influisca sulla salute dell’uomo.
Per tale ragione il legiferare, o assumere decisioni di governo di una comunità, verso misure di mitigazione o adattamento ai cambiamenti climatici ha effetti diretti sul benessere della comunità stessa, analogamente il non assumere determinate scelte, il prorogare scadenze, l’innalzare limiti contribuisce ad innalzare il livello di rischio per la salute di una popolazione.
Mi rendo conto che molte delle misure necessarie siano scomode, perché richiedono un cambiamento delle abitudini, e sappiamo quanto sia difficile e ci dia anche fastidio cambiare un’abitudine.
Basti pensare come è difficile per un fumatore smettere di fumare, o mettersi a dieta eliminando alcuni dei cibi che preferiamo, ma se per questi esempi che ho appena fatto, la responsabilità delle conseguenze è personale o, al limite, ricade sulla stretta cerchia famigliare, intervenire sulla riduzione degli impatti ambientali ha ricadute molto ampie.
Pedonalizzare una parte della città, e adottare le cosiddette zone 30, diminuisce le emissioni climalteranti, ma anche quelle inquinanti come le polveri sottili e gli ossidi di azoto, diminuisce il rumore, diminuisce il rischio di incidenti, ricadute che coinvolgono i bambini che ancora non guidano e gli anziani che non guidano più, miglioramenti di cui beneficiano le mamme e i papà a passeggio con i propri figli e le persone intente a fare jogging!
Adottare piani per la raccolta differenziata, o per la riduzione della temperatura negli edifici, ri-naturalizzare spazi urbani, introdurre un piano del verde con corridoi ecologici che permettano di camminare all’ombra, sono politiche locali che impattano direttamente sulla mitigazione del cambiamento climatici e sul benessere della popolazione.
Come mitigare tali effetti dell’urbanizzazione?
Innanzitutto, invertendo la rotta. Le stima delle Nazioni Unite sono realizzate secondo l’andamento degli ultimi 30-50 anni, ma non ce lo ha ordinato il medico di andare a vivere in città! A mio avviso, dunque, la prima cosa da fare è connettere i territori e creare le condizioni perché le persone possa continuare, o addirittura tornare, ad abitare le campagne e le montagne.
Non è utopia! È voglia di cercare e trovare soluzioni. Basti vedere cosa è stato fatto in Piemonte a Ostana in Valle Po, o si sta facendo a Gorzegno in Alta Langa: ristrutturare case con tecniche di bioedilizia così da consumare meno a parità di confort, avere buone connessioni veloci così da poter lavorare in modo agile, quello che con il Covid abbiamo imparato a chiamare Smart Working, che in molte aree del mondo era già realtà, creare le condizioni per aprire un ristorante e qualche attività commerciale, introdurre modalità di trasporto a chiamata, flessibili, verso gli altri centri, insomma, rendere bello e comodo vivere il territorio.
Tra l’altro con il cambiamento climatico da un lato e l’aumento dei costi dall’altro già negli ultimi anni si sta assistendo ad una migrazione al contrario, ovvero persone che lasciano la città e vanno a vivere in “periferia”; questo accade in alcune aree d’Europa, soprattutto; occorre creare condizioni analoghe in quei Paesi dove fenomeni demografici e migratori stanno urbanizzando i territori, come Cina, India, Africa, Brasile.
Nelle aree in cui le città saranno sempre più popolate la situazione sarà difficile e complessa; le persone più ricche tenderanno a stare chiuse in casa al fresco dei propri condizionatori con depuratori d’aria, e gli strati sociali meno abbienti vivranno condizioni sempre peggiori con ondate di calore e aria sempre più irrespirabile, ciò creerà tensioni sociali crescenti.
Per questo, in linea generale, chi si troverà ad amministrare queste nuove realtà urbane, dovrà prima di tutto pensare di mitigare le distanze sociali e, in questo senso, le soluzioni ecologiche possono essere un grande alleato. Grandi aree verdi animate, spazi urbani per pedoni e biciclette, filiere corte per l’approvvigionamento di cibi e il riciclo dei propri rifiuti, mobilità elettrica e condivisa, insomma misure che recuperino e valorizzino il senso di comunità.
È stata rilevata una correlazione tra aumento delle malattie infettive e concentrazioni atmosferiche di gas serra. Si sta facendo abbastanza per la loro riduzione?
Purtroppo, devo dire di no. Si sta facendo certamente qualcosa, le condizioni sono in parte migliorate anche in aree critiche come la pianura padana, ma è come se a scuola fossimo passati dal prendere 2 a prendere 4 e mezzo, abbiamo certamente migliorato la nostra situazione, ma siamo sempre insufficienti e rischiamo di essere bocciati; attenzione però che questa bocciatura significa migliaia di morti premature all’anno, di poco inferiori ai numeri drammatici che ci eravamo abituati a sentire quotidianamente durante la pandemia.
Forse val la pena ricordare, anche solo rapidamente, quali sono le incidenze dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento atmosferico sulla nostra salute.
La gran parte delle malattie infettive è trasmessa da animali che ospitano parassiti il cambiamento di umidità e temperatura accelera la trasmissione dei patogeni da una specie all’altra, lo abbiamo sperimentato proprio con il virus Sars Cov2 che ha causato la pandemia, con il famoso salto di specie o spillover per cui un virus passa da una specie all’altra che, fino a quel momento, ne era immune.
L’aumento della temperatura mediamente fa aumentare anche la durata di un virus o un batterio e dunque il rischio di venirne a contatto.
Il cambiamento di condizioni climatiche fa si che alcune specie arrivino ad abitare aree nuove del pianeta, pensiamo alla zanzara tigre e ad altre specie di zanzara che fino a pochi anni fa vivevano molto più a sud, o a specie già presenti che, con stagioni calde sempre più lunghe tendono ad andare in letargo sempre più tardi o a non andarci proprio!
Quindi da un lato è sempre più urgente ridurre le emissioni per rallentare il riscaldamento globale e dall’altro incominciare ad attuare misure sempre più stringenti di prevenzione.
Quale dovrebbe essere, secondo te, il ruolo dei presidi sanitari - ad esempio dei medici di medicina generale - in questa sfida?
Credo che occorra un serio programma di prevenzione. Dobbiamo passare da una logica di riparazione del danno ad un approccio basato sulla prevenzione del danno. Proprio come per la salute anziché prescrivere un farmaco occorrerebbe imporre al paziente una serie di comportamenti che migliorino il proprio stile di vita, analogamente, accanto a indicazioni per ridurre il rischio di malattie da inquinamento occorrerebbe fornire indicazioni per ridurre la fonte dell’inquinamento stesso.
Insomma, accompagnare i propri figli a scuola a piedi o in bicicletta, andare a fare la spesa senza usare l’auto, fare una corsetta al parco, tenere una temperatura di 18-19 gradi d’inverno e 25 d’estate limitando il ricorso a riscaldamento e raffrescamento, solo per fare alcuni esempi, migliora le propri condizioni fisiche, ma anche quelle degli altri.
Per saperne di più
Sito dell’Istituto Superiore di Sanità dedicato al tema Salute e Ambiente
Lancet Countdown 2023 – Report annuale pubblicato dalla nota rivista scientifica The Lancet sull’impatto del cambiamento climatico sulla salute
Piattaforma europea sull’adattamento al clima. Realizzata in collaborazione tra la Commissione europea e l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA)
Sito dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Con focus sui singoli paesi.
https://www.ipcc.ch/https://ipccitalia.cmcc.it/ Pubblicato su Solidea - aprile 2024
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