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Dai luoghi comuni a Luoghi in Comune

Aggiornamento: 24 apr 2019

Le comunità che generano innovazione sociale


 


Cicerone, non proprio uno qualunque, nel 44 a. C. nel suo “De officiis” (Dei doveri) scriveva: “Le città senza la convivenza umana non si sarebbero potute né edificare né popolare; di qui la costituzione delle leggi e dei costumi; di qui l’equa ripartizione dei doveri e una sicura norma di vita. Da tutto ciò ne conseguì la gentilezza degli animi e il rispetto reciproco. Onde avvenne che la vita fu più sicura e noi, col dare e col ricevere, cioè con lo scambiarci a vicenda i nostri averi e i nostri poteri, non sentimmo mancanza di nulla”.

Era entro questi luoghi, le Città, tutt'altro che virtuali, che venivano coltivate le virtù che definiscono una società propriamente civile: la fiducia reciproca; la sussidiarietà; la fraternità; il rispetto delle idee altrui; la competizione di tipo cooperativo. La cifra della “città-comunità” non stava (e non sta) tanto nella più o meno grande dimensione, quanto piuttosto nella capacità di realizzare coesione sociale e di esprimere pensieri e competenze, ed in ultima analisi, come vedremo più avanti, innovazione.

Venendo ai giorni nostri. Una delle conseguenze positive della globalizzazione e quella di aver ridato vigore all’importanza della dimensione locale. Mentre nelle stagioni precedenti i contesti in cui studiare e applicare modelli e pratiche erano sostanzialmente quelli regionali, nazionali o extra-nazionali, oggi sono i territori i luoghi privilegiati in cui si collauda il nuovo e dai quali provengono i più significativi impulsi allo sviluppo. La globalizzazione dunque non solo non ha fatto scomparire l’importanza del territorio ma lo ha rilanciato. Se spostiamo per un attimo lo sguardo verso il mercato - sia esso dei beni o dei servizi - è sempre più evidente che la gara competitiva oggi si gioca a livello dei territori. Anche nel recente passato la competizione riguardava sostanziale se non esclusivamente le singole imprese o i gruppi si esse; quello che sta succedendo oggi è che il destino delle imprese è legato a quello del loro territorio. Se un luogo “fallisce”, falliscono anche le imprese che in quel territorio operano e viceversa: il successo di un luogo è legato a doppio filo al successo delle imprese o meglio delle organizzazioni sociali di qualsiasi tipo e a prescindere dallo scopo che perseguono, che in esso insistono.

Ma come si misura il successo di un luogo? Sono competitivi quei luoghi che si qualificano dal punto di vista ambientale, dell’abitabilità e della coesione sociale e che consentono di creare quelle che gli economisti chiamano “esternalità positive”. Nei territori in cui i beni comuni sono curati e rivitalizzati si crea anche maggiore fiducia reciproca, sicurezza e inclusività, dando per tale via maggiore valore ai luoghi. Perché spazi urbani, abitazioni, attività commerciali “valgono” di più dove, grazie a quei beni comuni, si vive meglio. E l’insieme di queste esternalità positive costituisce inoltre il “seme” di un nuovo tipo di sviluppo locale di creando quello che può definire un “vantaggio competitivo localizzato”.

Si tratta di un cambiamento di prospettiva che ha colto di sorpresa non pochi, costringendo ad un ripensamento radicale delle politiche nazionali: in Italia è solo in questi ultimi anni che si è raggiunta piena consapevolezza sul fatto che un territorio “evoluto e inclusivo” dal punto di vista sociale e culturale sia attrattivo sotto tanti punti di vista. È proprio dentro questa prospettiva che la dimensione relazionale acquisisce un valore duplice: da un lato, infrastruttura il valore in quanto genera il “senso di comunità” e, dall’altro, dà prospettiva ed energia all’azione. Il potere di quella che potremmo definire “economia delle relazioni” è visibile nella genesi di quei “luoghi” che, attraverso il protagonismo di gruppi, anche minoritari, di cittadini o di loro aggregazioni assumono come principio l’innovazione aperta e cooperativa, ri-generando nuovi percorsi di sviluppo locale. È una nuova offerta di beni comuni nata dalla trasformazione degli spazi in luoghi, in cui risulta decisivo il ruolo “abilitatore” della Pubblica Amministrazione. Diventano perciò “luoghi” quegli “spazi” in cui la dimensione comunitaria è protagonista di un’innovazione che dà vita a nuove forme di produzione del valore.

L’amministrazione condivisa: gestire insieme è possibile

L'amministrazione condivisa è il modello organizzativo che, attuando il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, ultimo comma della Costituzione, consente a cittadini ed amministrazioni di svolgere su un piano paritario attività di interesse generale. La teoria su cui si fonda tale modello fu esposta per la prima volta in un saggio di Gregorio Arena intitolato “Introduzione all’amministrazione condivisa” pubblicato in Studi parlamentari e di politica costituzionale nel 1997. L’introduzione in Costituzione nel 2001 del principio di sussidiarietà (art. 118, ultimo comma), consentì poi di dare un fondamento costituzionale a tale teoria che, nel frattempo, aveva avuto diverse conferme sul piano pratico.

La disciplina di dettaglio del modello organizzativo dell’amministrazione condivisa è contenuta nel “Regolamento-tipo per la collaborazione fra cittadini e amministrazioni per la cura, la rigenerazione e la gestione dei beni comuni urbani e rurali”, presentato pubblicamente il 22 febbraio 2014 da Labsus - Laboratorio per la Sussidiarietà e dal Comune di Bologna, ad oggi adottato da circa 200 comuni italiani. I soggetti di tale modello sono i cittadini attivi e le amministrazioni locali, in particolare i comuni. Per “cittadini attivi” si intendono tutti gli abitanti, singoli e associati, di un territorio che, a prescindere dai requisiti formali riguardanti la residenza o la cittadinanza, si attivano per la cura dei beni comuni, realizzando l’interesse generale di cui all’art. 118, ultimo comma della Costituzione.

L’amministrazione condivisa è dunque fondata sulla condivisione di risorse e responsabilità fra cittadini e fra cittadini ed amministrazioni, realizzando forme di collaborazione per la cura dei beni comuni ispirate ad un complesso coerente di valori e principi generali, quali la fiducia reciproca; la pubblicità e la trasparenza; la responsabilità; l’inclusività e l’apertura; le pari opportunità e il contrasto alle forme di discriminazione; la sostenibilità; la proporzionalità; l’adeguatezza e la differenziazione; l’informalità; l’autonomia civica; la prossimità e la territorialità. L’amministrazione condivisa, pertanto, si contrappone idealmente al modello di amministrazione tradizionale, basato sul “paradigma bipolare” e quindi imperniato su rapporti asimmetrici, di tipo verticale, autoritativo e gerarchico che del resto rimane ineludibile per la configurazione dei poteri pubblici in genere, quali i poteri autorizzativi, concessori, sanzionatori e ordinatori.

Le fonti giuridiche principali dell’amministrazione condivisa sono innanzitutto, come s’è detto, l’art. 118, ultimo comma della Costituzione. In secondo luogo, i circa 200 regolamenti per l’amministrazione condivisa dei beni comuni adottati finora nei comuni italiani (ma in crescita) e, infine, alcune migliaia di patti di collaborazione (anch’essi in continua crescita), secondo un ordine discendente che va dal massimo grado di generalità e astrattezza tipico del principio costituzionale al massimo grado di specificità e concretezza tipico dei patti di collaborazione.


Sulle tracce dell’Innovazione sociale

In risposta alla crisi di sistema che sta interessando le società e le economie occidentali, sempre più spesso si ricorre al termine Innovazione Sociale. Con questo si vuole evocare la necessità di sviluppare processi non convenzionali che affrontino le complesse sfide sociali contemporanee, dall'aumento demografico, la povertà, la crisi ambientale, all'emergenza alimentare, la progressiva scarsità di risorse naturali, l'esistenza di bisogni insoddisfatti, ecc. Una possibile definizione viene offerta dalla Commissione Europea che nel febbraio del 2013 diceva che: “L’Innovazione Sociale può definirsi come lo sviluppo e l’implementazione di nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che incontrano bisogni sociali, creano nuove relazioni sociali e collaborazioni. L’innovazione sociale porta nuove risposte ad impellenti bisogni che coinvolgono processi di interazione sociale”. Il richiamo alla parola innovazione non va confuso con l'accezione più tradizionale del termine, che nasce dalla competizione di mercato e dalla ricerca di maggior profitto. Qui il riferimento è alla necessità di uscire dalla logica che le soluzioni alle pressioni sociali si possano ricercare nel mercato o nelle politiche pubbliche, ma che invece ci sia bisogno di liberare energie, risorse e competenze del privato sociale, dell'imprenditoria di comunità, dei cittadini attivi, che insieme si organizzano per creare prodotti e progetti in grado di soddisfare vecchi e nuovi bisogni. L’innovazione è sociale sia nelle finalità che nei metodi. Diversamente dall'innovazione tecnologica, al centro non c'è il risultato, ma il processo: una pratica sociale e collettiva, capace di coinvolgere soggetti diversi (profit e non profit, pubblici e privati, istituzioni e società civile), che collaborano alla creazione di un nuovo prodotto o di un nuovo servizio collettivo. Attraverso l'Innovazione Sociale si attiva un processo generativo e trasformativo, capace sul lungo periodo non solo di produrre effetti su beneficiari e utilizzatori del prodotto o del servizio, ma anche di produrre impatto, modificando la cultura, le abitudini, i modelli organizzativi di un’intera società.


Alessandro Prandi

Pubblicato su Solidea - Aprile 2019



BIBLIOGRAFIA


Da Spazi a Luoghi Stefano Zamagni, Università di Bologna Paolo Venturi, Direttore AICCON AICCON - Short Paper 13/2017 www.aiccon.it

Voci in Comune - Le parole chiave dell'Amministrazione condivisa AA VV LABSUS, 2019 www.labsus.org Introduzione all’Amministrazione condivisa Gregorio Arena, Presidente di Labsus, già professore ordinario di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento In Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1997 www.labsus.org


Il libro bianco sulla Innovazione sociale Robin Murray, Julie Caulier Grice, Geoff Mulgan, 2009 Edizione italiana a cura di Alex Giordano e Adam Arvidsson Curato da The Young Foundation, Nesta e Societing


Coniugare coesione sociale, welfare e sviluppo economico in una prospettiva locale ed europea Position Paper Regione Piemonte, 2016

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