La ripartenza dopo la pandemia si preannuncia come uno dei periodi più difficili dal dopoguerra. Determinante sarà il ruolo del Terzo settore da giocarsi tra nuove e vecchie identità, la capacità di lettura di nuovi bisogni e la non più rimandabile sfida dell’innovazione.
Anche le formiche (nel loro piccolo) si mutuano
Tra le strategie ecologiche che influenzano profondamente la struttura di un ecosistema c’è il mutualismo, dove due (o più) specie interagiscono a stretto contatto per trarre un vantaggio reciproco. Simbiosi e mutualismo sono strategie per vivere meglio o, addirittura, per sopravvivere. E anche tra gli animali questo principio è ampiamente condiviso, superando addirittura la barriera della specie, con gruppi di organismi, anche molto diversi, che scelgono di aiutarsi gli uni con gli altri per semplificarsi la vita. Queste relazioni vengono definite simbiosi e consistono in un rapporto, spesso piuttosto intimo e positivo, tra due o più organismi diversi.
Quando tutti gli individui coinvolti nella simbiosi traggono un qualche tipo di vantaggio si parla di mutualismo. E in alcuni casi il legame è così stretto da divenire addirittura obbligato: nessuna delle specie coinvolte può sopravvivere senza l’altra perché vengono a mancare le funzioni vitali indispensabili.
Un esempio molto calzate viene dalle formiche. Nelle foreste tropicali del Sud America, un esercito di formiche raccoglie grandi quantità di foglie verdi, segando piccoli segmenti con le robuste mandibole. L’impatto di queste formiche dette “tagliafoglie” è tale che le colonie più grandi, forti di più di un milione di individui, arrivano a rimuovere diversi metri quadrati di vegetazione nei pressi del formicaio. Ma, diversamente da quanto si può immaginare, le formiche non mangiano affatto le foglie. Dopo averle trasportate in camere sotterranee nella colonia, le triturano per favorire la crescita di un fungo, che è il loro principale nutrimento e si trova solo nei formicai di questi insetti. Questo rapporto strettissimo è una simbiosi mutualistica obbligata: in pratica nessuno dei due può sopravvivere senza l’altro.
Niente paura, non avete sbagliato rivista. Non avete in mano Nature e nemmeno TuttoScienze. Questa introduzione è utile a far comprendere come queste interazioni sviluppate, nel corso dei millenni sia tra animali di diverse specie ma anche tra il mondo animale e quello vegetale sia traslato nei rapporti tra gli esseri umani, in modo “naturale”.
Il fiume carsico della Solidarietà tra le persone
Già nel 62 a.C, Seneca nelle “Lettere morali a Lucilio” poneva le basi di quello che si potrebbe definire pre-mutualismo: “La nostra società è molto simile a una volta di pietre: cadrebbe, se le pietre non si sostenessero reciprocamente”. Qualche anno dopo, 44 a.C., Cicerone, il maggiore pensatore dell’epoca romana, nel “De officiis” dava maggiore compiutezza al pensiero comunitario descrivendo la natura mutualistica della costituzione delle prime città. Luoghi in cui sviluppare le virtù che definiscono una società propriamente civile: la fiducia reciproca; la sussidiarietà; la fraternità; il rispetto delle idee altrui; la competizione di tipo cooperativo, distinguendo così tra Urbs “città delle pietre” e Civitas “città delle anime”: “Le città senza la convivenza umana non si sarebbero potute né edificare né popolare; di qui la costituzione delle leggi e dei costumi; di qui l’equa ripartizione dei doveri e una sicura norma di vita. Da tutto ciò ne conseguì la gentilezza degli animi e il rispetto reciproco. Onde avvenne che la vita fu più sicura e noi, col dare e col ricevere, cioè con lo scambiarci a vicenda i nostri averi e i nostri poteri, non sentimmo mancanza di nulla”.
Un pensiero sui cui, nei secoli, si sono evolute le forme organizzate della società civile generando un fiume carsico che attraversato la storia dell’umanità. Già a partire dal 1200, quando dalle prime forme di aggregazione spontanea dei cittadini nascevano importanti iniziative sociali, sanitarie ed educative, basate sulla capacità di leggere le emergenze e le trasformazioni sociali in atto, ideare e proporre nuove soluzioni ai bisogni delle persone. Con un salto sia temporale che concettuale arriviamo a cavallo tra ‘800 ed il ‘900, quando l’impatto della Rivoluzione industriale porta il notevole incremento di nuove povertà. È in questo contesto che germogliano le organizzazioni solidaristiche e mutualistiche che sono arrivate fino a noi innestandosi su tre matrici storiche: Cattolica, Operaia e socialista e Liberale che si sono popolate a partire dal secondo dopo guerra con le nuove sensibilità sui temi dei diritti civili e della sostenibilità ambientale.
Società di Mutuo Soccorso. Un’idea moderna che viene da lontano
Nel panorama variegato e cangiante della società civile del nostro Paese le Società di Mutuo Soccorso costituiscono una costante ormai secolare. Nel 2019 l’Associazione ISNET, per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali in Italia, ha presentato la Seconda Indagine Nazionale sulle Società di Mutuo Soccorso, aggiornando la precedente del 2016. identificando un universo di 995 realtà, di cui 532 attive (ovvero hanno soci che versano quote annuali, svolgono attività non occasionali, svolgono attività a beneficio dei soci, impiegando le quote versate e risultano, risultano raggiungibili attraverso un riferimento telefonico e mail). L’informazione più strabiliante è che poco meno dell’80% sono state costituite tra il 1886 e 1924.
Nonostante oltre 170 anni di storia, quello che scaturisce è un modello oggi più che mai attuale, con una società alle prese con bisogni crescenti e alla ricerca di risposte adeguate anche in ambito socio sanitario.
In questo scenario, le SMS – che favoriscono l’integrazione tra soggetti pubblici e privati – rappresentano un modello di fortissima portata, garantendo forme di tutela importanti e risposte personalizzate ai bisogni dei cittadini.
L’istantanea che emerge dall’indagine Isnet rivela un buon livello di dinamicità e capacità di risposta a fronte delle trasformazioni dell’ambiente di riferimento. Le peculiarità delle SMS – si leggeva nel rapporto di ricerca portava a collegare i valori della mutualità all’attualissimo tema della misurazione dell’impatto sociale generato dalle organizzazioni, recuperando valore il tema della mutualità e quindi della solidarietà. I soggetti del terzo settore, come le Società di mutuo soccorso, che operano nella economia sociale non profit, rappresentano infatti un elemento imprescindibile per la costruzione di un welfare comunitario efficace, sostenibile e di qualità.
Al momento le attività delle SMS sono normate dalla legge 3818 del 15 aprile 1886, primo intervento legislativo organico che ancora oggi disciplina la materia e ne delinea le attività. Solo con la riforma del 2012 (d.l. 179/2012, convertito in legge 221/2012), sono state introdotte alcune importanti novità che modificano la legge 3818/1886.
Con la Riforma del Terzo settore (legge 106/2016 e d.l. 117/2017 “Codice del Terzo Settore”) le SMS vengono riconosciute, in quanto Enti di Terzo settore, tra i protagonisti dell’economia sociale italiana: l’art. 4 del “Codice del Terzo Settore” annovera infatti le società di mutuo soccorso tra gli “Enti del Terzo Settore” e l’art. 43 dello stesso Codice afferma la possibilità per le SMS di trasformarsi, mantenendo il proprio patrimonio, ciò al fine di delineare un più omogeneo posizionamento delle organizzazioni nel loro complesso e favorire una migliore riconoscibilità. Proprio nel mezzo del processo di implementazione della Riforma del Terzo settore si è abbattuta l’emergenza sanitaria. Uno scenario che da un lato ha messo in evidenza, in modo brutale, le fragilità insite in molti dei sistemi organizzati del nostro Paese (istruzione, sanità, trasporti) ma anche ha consentito di misurare, in modo altrettanto repentino, la capacità di reazione e adattabilità del complesso mondo del Terzo settore. Molte sono state le realtà che hanno fatto un passo indietro, sospendendo le attività o addirittura fermandole per sempre, altre però dal confronto con la pandemia ne sono uscite più forti e maggiormente consapevoli del ruolo determinante giocato in questo ultimo anno e mezzo.
Un ruolo in parte riconosciuto nella stesura del Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza. La mancanza di riferimenti al Terzo settore aveva rappresentato sicuramente una debolezza delle prime versioni del PNRR. La nuova versione del Piano approvata dal Governo Draghi inserisce riferimenti al Terzo settore nella Missione Inclusione e coesione, cita la necessità di completare la riforma con gli atti ancora mancanti, fa riferimento alla co-programmazione e alla co-progettazione con il Terzo settore nella pianificazione dei servizi e nei piani integrativi urbani.
Come risulta dalle comunicazioni rese al Parlamento dal Presidente del Consiglio il 26 e 27 aprile scorsi, la Missione 5 "Inclusione e coesione", che registra risorse dal PNRR pari a 19,81 miliardi di euro, si articola in tre componenti: "Politiche per il lavoro"; "Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore"; "Interventi speciali per la coesione territoriale".
In particolare la Componente M5C2 – “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore”, dispone di risorse dal PNRR pari a 11,17 miliardi, a cui si aggiungono 1,28 miliardi di risorse disponibili dal React-EU e 0,13 miliardi dal Fondo nazionale complementare, per un ammontare totale di 12,58 miliardi di euro.
Il panorama che ci si staglia davanti è senza dubbio incerto ma sicuramente sfidante. Il ruolo del Terzo settore nell’attutire gli effetti di quella che si preannuncia come la più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra, sarà inevitabilmente strategico. Viene da pensare che proprio le SMS, nate per rispondere alle crescenti ineguaglianza generate delle trasformazioni intervenute nella seconda metà del diciannovesimo secolo potrebbero costituire uno snodo decisivo. Alessandro Prandi Pubblicato su Solidea, luglio 2021
Comentários